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ALESSANDRO DI LISIO
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ALESSANDRO DI LISIO
Volevo solo per un attimo fermarmi a parlare di chi come me anni fà, lavora ma più che altro crede nella giusta causa della pace del mondo, perdendo la vita.
Cito testualmente dopo una breve introduzione di alcuni articoli, alcuni commenti trovati quà e là su internet che mi hanno molto colpito.
***
ECCO I COMMENTI VIGLIACCHI
***
Signori, non capisco come si possa dopo una morte così violenta ma rispettabile, trovare parole per simili polemiche, chiara espressione di un razzismo nazionale soffuso, subdolo e vigliacco.
Violare pagine di vita privata pur di scrivere uno sporco articolo: questo è Facebook.
Mi ero iscritto e prontamente mi sono cancellato per tirarmi fuori da una strumentazione collettiva mascherata di altro e magari anche bella vita per attirare la "massa".
All'occorrenza però parole così pesanti e che violentano il privato di un ragazzo non esitano ad essere scritte senza la minima pena per un' anima di Dio che non è più con noi e che magari credeva in ciò che faceva pur sempre nella sua ingenuità.
Sarebbero forse dei giornalisti così moralisti da potersi permettere di scrivere delle schifezze del genere assoldati da potenti?
Parlano di un militare che si è prostituito per combattere una guerra non sua. Mi chiedo allora se loro facciano poi tanto di meglio prostituendosi per scrivere articoli che nemmeno firmano.
Sciacalli. Altro che morire per l'informazione.
Sono passati anni da quando decisi di abbandonare l'Esercito perchè avevo sentito che le mie motivazioni erano sfruttate da potenti colonialisti, ma in cuor mio resta sempre vivo il sorriso di tutti i miei commilitoni che come me uniti da sano cameratismo, credevano ingenuamente nella giusta causa della pace nel mondo.
Poi un giorno cominciai a chiedermi il perchè in Italia si parlava solamente di grandi cose, mentre con mitragliatrice e sole sulla testa c'ero solo io e altri poveri come me.
E i capitani che comandavano simili colonizzazioni dov'erano? E non mi rifersico a Capitani a 3 stelle ma a capitani in giacca e cravatta.
Oggi dentro di me ho maturato una grande idea, che la guerra, se la deve andare a fare chi ne trarrà i profitti. Unicamente loro, padri,figli,mogli e nipoti.
Rispetto quindi per chi ci ha lasciati e il rispetto a volte lo si dà anche col silenzio invece che scrivere simili cafonate (e con ciò non voglio offendere i veri cafoni di una volta) e cattiverie.
Solo per una piccola parentesi, vi chiedo in maniera molto matura di evitare di usare espressioni così razziste verso un popolo, quello Meridionale, quello del Meridione d'Italia, che dignitosamente e onorevolmente si è sempre difeso in silenzio anche e soprattutto dalla mania colonizzatrice tirannica Settentrionale: o ci siamo forse dimenticati ciò che era l'Italia prima del 1860? Tentiamo ancora volutamente nascondere le stragi tenutesi proprio in queste terre per mano degli invasori Piemontesi?
Ingenui non sono tutti.
Smettiamola quindi di infangare e snobbare all'occorrenza questa terra, tra le più ricche e nobili del vecchio continente che ha versato tanto sangue in nome della libertà e della pace.
Non dimentichiamoci infine, che se ci sono i ricchi in italia (vaste zone del nord Italia di colonizzatori e nel caso studiamo la storia) è perchè volutamente si sono rese povere altre (Meridione d'Italia baciato da cultura e civiltà nobili).
O non vogliamo ancora ricordare cosa era il Meridione prima del 1860?
Vi lascio ora con i commenti in internet di chi ha voluto vedere la questione come me.
***
Di "sporco" in Italia, ci sono, tra gli altri, quei giornalisti che vendono l'anima e i pedalini bucati. Una volta, il “pedalino bucato” era valutato in dollari, ora è stimato in euro (e vale pure di più, perché il buco non viene più valutato in inch ma in centimetri). Infangare un popolo, come quello molisano, è un gioco che "Il Corriere della Sera" fa quotidianamente. I neri, gli ebrei, i musulmani, invece, non si toccano, anche perché questi gliela farebbero pagare cara la pelle (intesa, come rammento del pedalino bucato). Invece, prendersela con un ragazzo molisano, caduto per difendere la democrazia, per il Corriere, è come bere un bicchiere d’acqua. Il Corriere di oggi, 14 luglio, ha violentato la figura di un ragazzo morto per “difendere” la “patria”, attribuendogli una frase che lo farebbe disconoscere da tutta la comunità con la quale si era fortemente legato. “La guerra è uno sporco lavoro”, questa la frase messa in bocca ad Alessandro Di Lisio, caporal maggiore dei paracadutisti della Folgore, in Afghanistan da quattro mesi. Alessandro era nato a Campobasso il 15 maggio 1984, ed è stato ucciso in un agguato a 50 chilometri da Farah. Di Lisio era un esperto artificiere che faceva parte di un team specializzato nella bonifica delle strade, prima del passaggio di convogli militari e diplomatici.
Cristo non sa nemmeno dov'è Campobasso
Questo “merceologicamante parlando non ripetibile” giornale milanese, non ha nemmeno un corrispondente nel Molise, la regione più bistrattata d’Italia, anche a causa di uno dei suoi “figli” più noti sui palcoscenici della magistratura, del parlamento e delle televisioni; uno che quando scende dal "trattore" si dimentica di essere molisano. "Il Corriere della Sera" ha fatto scrivere da Milano un articolo non firmato da un povero Cristo che forse non sa nemmeno dove sta Campobasso e sta sostituendo le sacre firme oggi a riposo a bordo di navi e yacht sparsi nel Mediterraneo, nei Caraibi e in Somalia. Questo "giornalista" ha preso, senza tener conto della Privacy, il profilo di Alessandro su Facebook e la ha sbattuto in prima pagina. Ma dov’è il garante della Privacy? L’articolo non firmato conosce addirittura il numero degli amici di Alessandro. Come ha fatto questo “sporco” giornalista ad intrufolarsi negli affari privati di Di Lisio attraverso Facebook? Possibile che non intervenga nessuno?
La "grande stampa" contro uno "troppo di destra"
Ecco cosa dice la grande "portatrice di etica" di via Solferino: “Il militare aveva anche un profilo su Facebook. L'ultimo messaggio lasciato sulla sua bacheca è dell'8 luglio 2009 alle 19.45, in cui scriveva «La guerra è uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pur farla...». Nel suo profilo, Di Lisio, che ha 38 «amici», dice di essere nato il 15 maggio 1984, si definisce single in cerca di amicizia e di una relazione. Il suo orientamento politico è definito «troppo di destra». Il suo datore di lavoro è indicato come la Brigata Paracadutisti Folgore. Di Lisio è iscritto anche ad alcuni gruppi, tra i quali «bar aperti dopo le 21 a Legnago», «Facciamo chiudere il gruppo "picchiamo i cani"», «Sono di Campobasso!!», «Quelli delle Coste di Oratino... e dintorni», «Oratinesi Nel Mondo». Ci sono anche diversi brani musicali dei Metallica. Il 25 giugno 2009, alle 9.07, Alessandro scriveva «Mancano soltanto tre mesi di guerra... solo tre mesi»”. Ma che schifo è questo! Sbattere su un giornale le osservazioni personali di un ragazzi che trovava in Facbook uno sfogo, un modi di comunicare in ogni istante della sua poca vita le sue minime emozioni rubate da un giornale che crede di essere il Massimo!
Uno "sporco lavoro"
Perché i giornalisti non fanno il loro mestiere come una volta andando sul posto, conoscendo la gente? Invece, si collegano a Internet e "fanno" gli articoli di pessimo livello e di pessimo gusto. Ovviamente, se il giornalista che scrive è un fascista (cosa che non si trova sul 90% dei giornali e delle televisioni italiani), utilizzerà dei termini come Dio, Patria e Famiglia, se è un comunista (cioè quello alla page), si rifarà alla sporca guerra del Vietnam e allo "sporco lavoro" dell’Afghanistan. C'è tanta disoccupazione nel Sud e nel Molise. Assumete qualche corrispondente in più, brutti porci capitalisti, avrebbero detto i comunisti, oppure non parlate affatto se non conoscete le gente e rifiutate lo spirito che anima troppi pochi giovani tacciati solo di essere dei deficienti di destra.
Il Molise, in Afghanistan come in Belgio nelle miniere
Lo "sporco lavoro" di Alessandro non si distacca molto da quello dell'altretanto "sporco lavoro" dei suoi “antenati”: quelle migliaia e migliaia di molisani che andarono in Francia, in Belgio, in Germania, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia. Morirono a migliaia, ma nessuno lo sa. I molisani, anche se presi a pesci in faccia non si lamentano mai. Perché mai questo ragazzo molisano deve staccarsi dalla tradizione molisana di “gente capace e gentile”, di “gente che vive per l’altra gente”? Il popolo molisano non si merita di essere trattato come una bestia da soma che, quando serve, trasporta l’acqua con le orecchie e quando non è più utile alla causa delle persone oneste e civile di un Italia vacanziera, di Capalbio e abbronzata da fare invidia a Obama, viene offesa, calpestata e derisa. Dopo aver gettato il fango sul Molise, adesso, questi personaggi, in primo luogo quelli de "Il Corriere", stanno aspettando sulla riva del fiume, con ansia, che passi la bara trasportata da un C130 listato a lutto: destinazione Campobasso.
***
Un saluto nell'augurio che la pace nel mondo sia meno utopica e più distribuita di quanto creda.
La pace è per tutti, non solo per i ricchi che da dietro scrivanie comandano stragi di innocenti.
Smettete di tenere in colonia il Meridione d'Italia e vedrete se sarete più ricchi e se ancora altri giovani come Alessandro Di Lisio, andranno più a morire per voi.
Cito testualmente dopo una breve introduzione di alcuni articoli, alcuni commenti trovati quà e là su internet che mi hanno molto colpito.
***
Afghanistan, ucciso un militare italiano
Ordigno contro pattuglia vicino a Farah: muore il primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio, di Campobasso
FARAH - Un militare italiano è rimasto ucciso e altri tre sono stati feriti in Afghanistan, a circa 50 chilometri dalla città di Farah (mappa). La vittima è il primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio, di Campobasso. Era nato il 15 maggio 1984: aveva 25 anni ed era in missione in Afghanistan da quattro mesi. La pattuglia di paracadutisti della Folgore e del Primo Reggimento Bersaglieri è stata colpita dall'esplosione di una bomba lungo la strada, che ha distrutto il primo mezzo della colonna: un parà della Folgore è morto dopo essere stato portato all'ospedale militare di Farah, altri tre sono rimasti feriti.
BONIFICA DELLE STRADE - Di Lisio, paracadutista dell'ottavo genio guastatori della Folgore, faceva parte di un team specializzato nella bonifica delle strade, prima del passaggio di convogli militari e diplomatici. Martedì era impegnato con un gruppo di commilitoni a bordo di due veicoli Lince e di un mezzo blindato Coguar. L'esplosione ha investito un mezzo: si sarebbe trattata di un ordigno improvvisato "Ied" (Improvised Explosive Device), con una potenza superiore a quella di bombe analoghe utilizzate in passato.
Ordigno contro pattuglia vicino a Farah: muore il primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio, di Campobasso
FARAH - Un militare italiano è rimasto ucciso e altri tre sono stati feriti in Afghanistan, a circa 50 chilometri dalla città di Farah (mappa). La vittima è il primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio, di Campobasso. Era nato il 15 maggio 1984: aveva 25 anni ed era in missione in Afghanistan da quattro mesi. La pattuglia di paracadutisti della Folgore e del Primo Reggimento Bersaglieri è stata colpita dall'esplosione di una bomba lungo la strada, che ha distrutto il primo mezzo della colonna: un parà della Folgore è morto dopo essere stato portato all'ospedale militare di Farah, altri tre sono rimasti feriti.
BONIFICA DELLE STRADE - Di Lisio, paracadutista dell'ottavo genio guastatori della Folgore, faceva parte di un team specializzato nella bonifica delle strade, prima del passaggio di convogli militari e diplomatici. Martedì era impegnato con un gruppo di commilitoni a bordo di due veicoli Lince e di un mezzo blindato Coguar. L'esplosione ha investito un mezzo: si sarebbe trattata di un ordigno improvvisato "Ied" (Improvised Explosive Device), con una potenza superiore a quella di bombe analoghe utilizzate in passato.
ECCO I COMMENTI VIGLIACCHI
«La guerra è uno sporco lavoro... ma qualcuno dovrà pur farla...» aveva scritto sul suo profilo Facebook. Un lavoro sporco, la guerra: riflessioni che rispecchia tutte le polemiche e le interpretazioni sugli impegni internazionali, non solo italiani: missioni di pace, polizia internazionale o, di fatto, coinvolgimento diretto in operazioni di guerra nello scacchiere dei conflitti? E sono 14 le vittime italiane in Afghanistan dall’inizio delle operazioni.
Sarebbe tornato a casa presto: «mancano soltanto tre mesi di guerra» aveva sottolineato nel suo profilo su facebook il 25 giugno scorso. È, invece, il quattordicesimo militare italiano morto in Afghanistan dall’inizio della missione nel 2004.
Alessandro di Lisio, ragazzo molisano, carne da cannone meridionale caduto nella guerra coloniale in Afghanistan per sostenere l’economia del Nord.
Ciao gennaro .. non conosco Alessandro di Lisio, non credo il problema sia il fatto che fosse meridionale o meno ne’ che la guerra in Afghanistan serva solo a “sostenere l’economia del nord” (inteso come nord-italia….)
Eppure non riesco a provare pena.
Puo’ darsi fosse disperato e non avesse altre possibilita’ di lavoro… ma conosco tanti disperati pronti ad andare a chiedere l’elemosina piuttosto che prostituirsi per giocare a fare la guerra (e a giocare alal guerra ogi tanto ci scappa il morto). Certo non e’ sua la colpa della guerra in Afganistan… ma perche’ non mettiamo sul sito tutti i giorni le foto dei bambini, delle donne e dei poveri cristi afgani che hano ancora meno colpe di Alessandro in questa guerra e Nessuna (a difefrenza di alessandro) possibilita’ di evitarla?
Sarebbe tornato a casa presto: «mancano soltanto tre mesi di guerra» aveva sottolineato nel suo profilo su facebook il 25 giugno scorso. È, invece, il quattordicesimo militare italiano morto in Afghanistan dall’inizio della missione nel 2004.
Alessandro di Lisio, ragazzo molisano, carne da cannone meridionale caduto nella guerra coloniale in Afghanistan per sostenere l’economia del Nord.
Ciao gennaro .. non conosco Alessandro di Lisio, non credo il problema sia il fatto che fosse meridionale o meno ne’ che la guerra in Afghanistan serva solo a “sostenere l’economia del nord” (inteso come nord-italia….)
Eppure non riesco a provare pena.
Puo’ darsi fosse disperato e non avesse altre possibilita’ di lavoro… ma conosco tanti disperati pronti ad andare a chiedere l’elemosina piuttosto che prostituirsi per giocare a fare la guerra (e a giocare alal guerra ogi tanto ci scappa il morto). Certo non e’ sua la colpa della guerra in Afganistan… ma perche’ non mettiamo sul sito tutti i giorni le foto dei bambini, delle donne e dei poveri cristi afgani che hano ancora meno colpe di Alessandro in questa guerra e Nessuna (a difefrenza di alessandro) possibilita’ di evitarla?
***
Signori, non capisco come si possa dopo una morte così violenta ma rispettabile, trovare parole per simili polemiche, chiara espressione di un razzismo nazionale soffuso, subdolo e vigliacco.
Violare pagine di vita privata pur di scrivere uno sporco articolo: questo è Facebook.
Mi ero iscritto e prontamente mi sono cancellato per tirarmi fuori da una strumentazione collettiva mascherata di altro e magari anche bella vita per attirare la "massa".
All'occorrenza però parole così pesanti e che violentano il privato di un ragazzo non esitano ad essere scritte senza la minima pena per un' anima di Dio che non è più con noi e che magari credeva in ciò che faceva pur sempre nella sua ingenuità.
Sarebbero forse dei giornalisti così moralisti da potersi permettere di scrivere delle schifezze del genere assoldati da potenti?
Parlano di un militare che si è prostituito per combattere una guerra non sua. Mi chiedo allora se loro facciano poi tanto di meglio prostituendosi per scrivere articoli che nemmeno firmano.
Sciacalli. Altro che morire per l'informazione.
Sono passati anni da quando decisi di abbandonare l'Esercito perchè avevo sentito che le mie motivazioni erano sfruttate da potenti colonialisti, ma in cuor mio resta sempre vivo il sorriso di tutti i miei commilitoni che come me uniti da sano cameratismo, credevano ingenuamente nella giusta causa della pace nel mondo.
Poi un giorno cominciai a chiedermi il perchè in Italia si parlava solamente di grandi cose, mentre con mitragliatrice e sole sulla testa c'ero solo io e altri poveri come me.
E i capitani che comandavano simili colonizzazioni dov'erano? E non mi rifersico a Capitani a 3 stelle ma a capitani in giacca e cravatta.
Oggi dentro di me ho maturato una grande idea, che la guerra, se la deve andare a fare chi ne trarrà i profitti. Unicamente loro, padri,figli,mogli e nipoti.
Rispetto quindi per chi ci ha lasciati e il rispetto a volte lo si dà anche col silenzio invece che scrivere simili cafonate (e con ciò non voglio offendere i veri cafoni di una volta) e cattiverie.
Solo per una piccola parentesi, vi chiedo in maniera molto matura di evitare di usare espressioni così razziste verso un popolo, quello Meridionale, quello del Meridione d'Italia, che dignitosamente e onorevolmente si è sempre difeso in silenzio anche e soprattutto dalla mania colonizzatrice tirannica Settentrionale: o ci siamo forse dimenticati ciò che era l'Italia prima del 1860? Tentiamo ancora volutamente nascondere le stragi tenutesi proprio in queste terre per mano degli invasori Piemontesi?
Ingenui non sono tutti.
Smettiamola quindi di infangare e snobbare all'occorrenza questa terra, tra le più ricche e nobili del vecchio continente che ha versato tanto sangue in nome della libertà e della pace.
Non dimentichiamoci infine, che se ci sono i ricchi in italia (vaste zone del nord Italia di colonizzatori e nel caso studiamo la storia) è perchè volutamente si sono rese povere altre (Meridione d'Italia baciato da cultura e civiltà nobili).
O non vogliamo ancora ricordare cosa era il Meridione prima del 1860?
Vi lascio ora con i commenti in internet di chi ha voluto vedere la questione come me.
***
Di "sporco" in Italia, ci sono, tra gli altri, quei giornalisti che vendono l'anima e i pedalini bucati. Una volta, il “pedalino bucato” era valutato in dollari, ora è stimato in euro (e vale pure di più, perché il buco non viene più valutato in inch ma in centimetri). Infangare un popolo, come quello molisano, è un gioco che "Il Corriere della Sera" fa quotidianamente. I neri, gli ebrei, i musulmani, invece, non si toccano, anche perché questi gliela farebbero pagare cara la pelle (intesa, come rammento del pedalino bucato). Invece, prendersela con un ragazzo molisano, caduto per difendere la democrazia, per il Corriere, è come bere un bicchiere d’acqua. Il Corriere di oggi, 14 luglio, ha violentato la figura di un ragazzo morto per “difendere” la “patria”, attribuendogli una frase che lo farebbe disconoscere da tutta la comunità con la quale si era fortemente legato. “La guerra è uno sporco lavoro”, questa la frase messa in bocca ad Alessandro Di Lisio, caporal maggiore dei paracadutisti della Folgore, in Afghanistan da quattro mesi. Alessandro era nato a Campobasso il 15 maggio 1984, ed è stato ucciso in un agguato a 50 chilometri da Farah. Di Lisio era un esperto artificiere che faceva parte di un team specializzato nella bonifica delle strade, prima del passaggio di convogli militari e diplomatici.
Cristo non sa nemmeno dov'è Campobasso
Questo “merceologicamante parlando non ripetibile” giornale milanese, non ha nemmeno un corrispondente nel Molise, la regione più bistrattata d’Italia, anche a causa di uno dei suoi “figli” più noti sui palcoscenici della magistratura, del parlamento e delle televisioni; uno che quando scende dal "trattore" si dimentica di essere molisano. "Il Corriere della Sera" ha fatto scrivere da Milano un articolo non firmato da un povero Cristo che forse non sa nemmeno dove sta Campobasso e sta sostituendo le sacre firme oggi a riposo a bordo di navi e yacht sparsi nel Mediterraneo, nei Caraibi e in Somalia. Questo "giornalista" ha preso, senza tener conto della Privacy, il profilo di Alessandro su Facebook e la ha sbattuto in prima pagina. Ma dov’è il garante della Privacy? L’articolo non firmato conosce addirittura il numero degli amici di Alessandro. Come ha fatto questo “sporco” giornalista ad intrufolarsi negli affari privati di Di Lisio attraverso Facebook? Possibile che non intervenga nessuno?
La "grande stampa" contro uno "troppo di destra"
Ecco cosa dice la grande "portatrice di etica" di via Solferino: “Il militare aveva anche un profilo su Facebook. L'ultimo messaggio lasciato sulla sua bacheca è dell'8 luglio 2009 alle 19.45, in cui scriveva «La guerra è uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pur farla...». Nel suo profilo, Di Lisio, che ha 38 «amici», dice di essere nato il 15 maggio 1984, si definisce single in cerca di amicizia e di una relazione. Il suo orientamento politico è definito «troppo di destra». Il suo datore di lavoro è indicato come la Brigata Paracadutisti Folgore. Di Lisio è iscritto anche ad alcuni gruppi, tra i quali «bar aperti dopo le 21 a Legnago», «Facciamo chiudere il gruppo "picchiamo i cani"», «Sono di Campobasso!!», «Quelli delle Coste di Oratino... e dintorni», «Oratinesi Nel Mondo». Ci sono anche diversi brani musicali dei Metallica. Il 25 giugno 2009, alle 9.07, Alessandro scriveva «Mancano soltanto tre mesi di guerra... solo tre mesi»”. Ma che schifo è questo! Sbattere su un giornale le osservazioni personali di un ragazzi che trovava in Facbook uno sfogo, un modi di comunicare in ogni istante della sua poca vita le sue minime emozioni rubate da un giornale che crede di essere il Massimo!
Uno "sporco lavoro"
Perché i giornalisti non fanno il loro mestiere come una volta andando sul posto, conoscendo la gente? Invece, si collegano a Internet e "fanno" gli articoli di pessimo livello e di pessimo gusto. Ovviamente, se il giornalista che scrive è un fascista (cosa che non si trova sul 90% dei giornali e delle televisioni italiani), utilizzerà dei termini come Dio, Patria e Famiglia, se è un comunista (cioè quello alla page), si rifarà alla sporca guerra del Vietnam e allo "sporco lavoro" dell’Afghanistan. C'è tanta disoccupazione nel Sud e nel Molise. Assumete qualche corrispondente in più, brutti porci capitalisti, avrebbero detto i comunisti, oppure non parlate affatto se non conoscete le gente e rifiutate lo spirito che anima troppi pochi giovani tacciati solo di essere dei deficienti di destra.
Il Molise, in Afghanistan come in Belgio nelle miniere
Lo "sporco lavoro" di Alessandro non si distacca molto da quello dell'altretanto "sporco lavoro" dei suoi “antenati”: quelle migliaia e migliaia di molisani che andarono in Francia, in Belgio, in Germania, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia. Morirono a migliaia, ma nessuno lo sa. I molisani, anche se presi a pesci in faccia non si lamentano mai. Perché mai questo ragazzo molisano deve staccarsi dalla tradizione molisana di “gente capace e gentile”, di “gente che vive per l’altra gente”? Il popolo molisano non si merita di essere trattato come una bestia da soma che, quando serve, trasporta l’acqua con le orecchie e quando non è più utile alla causa delle persone oneste e civile di un Italia vacanziera, di Capalbio e abbronzata da fare invidia a Obama, viene offesa, calpestata e derisa. Dopo aver gettato il fango sul Molise, adesso, questi personaggi, in primo luogo quelli de "Il Corriere", stanno aspettando sulla riva del fiume, con ansia, che passi la bara trasportata da un C130 listato a lutto: destinazione Campobasso.
***
Un saluto nell'augurio che la pace nel mondo sia meno utopica e più distribuita di quanto creda.
La pace è per tutti, non solo per i ricchi che da dietro scrivanie comandano stragi di innocenti.
Smettete di tenere in colonia il Meridione d'Italia e vedrete se sarete più ricchi e se ancora altri giovani come Alessandro Di Lisio, andranno più a morire per voi.
ANTONIO.- Numero di messaggi : 30
Età : 47
Località : Italia
Data d'iscrizione : 17.10.08
E IN SUO ONORE IO URLO LE SUE CANZONI
SUI MONTI SUI MAR
Sui monti sui mar
per le strade del ciel
lanciamo in alto la sfida ideal.
Lungo sarà il cammino
ma con coraggio e con ardor
lanciamo i nostri cuori
nella battaglia ancor.
La pioggia ci bagna
ci arde alto il sol.
D'inverno il gelo
ci morde aspro il cuor.
Ma saldi nel periglio
"vitam pro patriam exponimus"
e la divisa nostra è insegna del valor.
In aspri cimenti
le forze noi tempriam.
Tra i rischi mortali
la nostra via seguiam.
In faccia al mondo vile
splende la sfida del valor
avanti o paraca
avanti avanti ancor.
Avanti o paraca
avanti avanti ancor.
FIGLI DI NESSUNO
Figli di nessuno
tra le rocce noi marciam
ci disprezza ognuno
perchè laceri noi siam
ma se ce n'è uno, due, tre
che ci sappia comandare e dominar
figli di nessuno
anche a digiuno
sapremo marciar.
Siam nati chissà dove chissà quando
allevati nella pura carità
senza padre senza madre senza inganno
noi viviamo come uccelli in libertà.
Figli di nessuno,
tra le rocce noi viviam
ci disprezza ognuno,
perchè laceri noi siam
ma se ce n'è uno, due, tre
che ci sappia comandare e dominar
figli di nessuno
anche a digiuno
saprem marciar.
Figli di nessuno
anche a digiuno
saprem marciar.
AVEVO UN CAMERATA
Io avevo un camerata
che migliore non avrò mai
una parte del mio cuore
è rimasta insieme a lui.
Resterai per sempre al mio fianco
col mio passo marcerai.
Egli tende ancora la sua mano
la vorrei stretta alla mia
esce un fiotto dalla sua bocca
del colore del suo basco.
Metto in tasca la sua piastrina
e continuo pel mio cammin.
Nel paese su per i monti
invano attende la sua amata
è il destino di chi crede
di chi ha scelto di lottare
di chi ha scelto di morire
per l'antica fedeltà.
Sui monti sui mar
per le strade del ciel
lanciamo in alto la sfida ideal.
Lungo sarà il cammino
ma con coraggio e con ardor
lanciamo i nostri cuori
nella battaglia ancor.
La pioggia ci bagna
ci arde alto il sol.
D'inverno il gelo
ci morde aspro il cuor.
Ma saldi nel periglio
"vitam pro patriam exponimus"
e la divisa nostra è insegna del valor.
In aspri cimenti
le forze noi tempriam.
Tra i rischi mortali
la nostra via seguiam.
In faccia al mondo vile
splende la sfida del valor
avanti o paraca
avanti avanti ancor.
Avanti o paraca
avanti avanti ancor.
FIGLI DI NESSUNO
Figli di nessuno
tra le rocce noi marciam
ci disprezza ognuno
perchè laceri noi siam
ma se ce n'è uno, due, tre
che ci sappia comandare e dominar
figli di nessuno
anche a digiuno
sapremo marciar.
Siam nati chissà dove chissà quando
allevati nella pura carità
senza padre senza madre senza inganno
noi viviamo come uccelli in libertà.
Figli di nessuno,
tra le rocce noi viviam
ci disprezza ognuno,
perchè laceri noi siam
ma se ce n'è uno, due, tre
che ci sappia comandare e dominar
figli di nessuno
anche a digiuno
saprem marciar.
Figli di nessuno
anche a digiuno
saprem marciar.
AVEVO UN CAMERATA
Io avevo un camerata
che migliore non avrò mai
una parte del mio cuore
è rimasta insieme a lui.
Resterai per sempre al mio fianco
col mio passo marcerai.
Egli tende ancora la sua mano
la vorrei stretta alla mia
esce un fiotto dalla sua bocca
del colore del suo basco.
Metto in tasca la sua piastrina
e continuo pel mio cammin.
Nel paese su per i monti
invano attende la sua amata
è il destino di chi crede
di chi ha scelto di lottare
di chi ha scelto di morire
per l'antica fedeltà.
ANTONIO.- Numero di messaggi : 30
Età : 47
Località : Italia
Data d'iscrizione : 17.10.08
Re: ALESSANDRO DI LISIO
Carissimo condivido a pieno il tuo sfogo, gran belle parole, toccanti, in molti dovrebbero meditarci.
ONORE AI FRATELLI DELLA FOLGORE
ONORE AI FRATELLI DELLA FOLGORE
caerebulldogs :: OFF TOPIC :: OFF TOPIC
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Gio Mag 12, 2016 7:25 pm Da Admin
» A MIA MAMMA
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Gio Gen 28, 2016 10:39 am Da stefocap76
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Lun Gen 25, 2016 8:31 pm Da Admin
» Ci ha lasciato Mario Maini
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Mer Nov 04, 2015 10:19 am Da Admin